La pesca è un’attività di cattura per l’approvvigionamento di cibo che ha accompagnato la civiltà umana sin dalla preistoria.
Gli antichi Romani apprezzavano il pesce ,tanto che era spesso rappresentato nelle decorazioni parietali e sui pavimenti delle case patrizie. I pesci di mare,all’epoca romana spesso sottoposti a processi di conservazione come la salagione,erano considerati prelibati e preziosi rispetto a quelli di fiume e con facilità finivano sulle tavole dei ricchi.
La richiesta di pesce aumentò nel Medioevo con l’avvento del Cristianesimo e con esso le ferree leggi sull’osservanza dei giorni di magro.
Dalla Norvegia nel mare del Nord si iniziò ad importare nei territori italiani pesce conservato tra cui il famoso merluzzo.
Alla fine del Medioevo e all’inizio del Rinascimento,ma anche nel settecento ed ottocento il pesce approda nelle preparazioni dei più grandi cuochi dell’epoca che inseriscono nelle loro sontuose ricette pesci come lo storione,il cefalo,le anguille,il luccio ed una serie di animali che fanno parte degli ecosistemi lacustri ,di palude,di fiume e di laghi come le rane e le lumache. Il pesce piccolo che rimaneva impigliato nelle reti era per le mense più povere.
All’inizio del XIX secolo si scopre come conservare il cibo in barattolo di vetro ed in seguito prende avvio la produzione industriale dello scatolame inglese. Nel 1930 ,l’americano Birdseye aprì l’era dei surgelati,verso le cucine di milioni di consumatori.
Anche in territorio mantovano ,un tempo,la pesca era fonte di sussistenza. L’ambiente che ci circonda ha fatto si che la nostra tradizione ittica fosse legata all’attività fluviale,dei laghi e di altri corsi d’acqua di cui è ricchissimo il nostro territorio. Qui sono stati pescati in grandi quantità anguille,storioni,carpe ,pescegatto,,tinche,gamberetti di fiume,arborelle….
Mi racconta il nonno che, nel secondo dopoguerra,quando aveva più o meno la mia età,la pesca era molto praticata .In quegli anni di miseria e di fame il pescato contribuiva al sostentamento e forniva un buon apporto di proteine visto che di carne ce n’era ben poca a disposizione. Succedeva spesso che mentre la nonna preparava la polenta,il nonno prendeva la guada(una piccola rete attaccata ad un manico di legno) e andava a pescare nel fosso vicino a casa e prendeva un po’ di pesce sole,vaironi,rane e se era fortunato qualche luccetto.Rovistando sul fondo si riuscivano a prendere i saltarèi,cioè i gamberetti di fiume. La madre poi puliva il pesce e lo friggeva nello strutto e si mangiava poi accompagnato con la polenta. A quei tempi i fossi erano più di ora e le acque erano pulitissime tanto che si potevano bere e farci il bagno .Verso la primavera i fossi venivano prosciugati per provvedere alla loro pulizia : venivano tagliate con la falce le erbe e coi badili si metteva il fondo melmoso sulle rive. In questo modo ,nelle buche o sotto i ponti rimaneva del pesce che tutti si adoperavano ad andare a recuperare .In seguito questa pratica è stata vietata anche se poi quel pesce veniva mangiato dagli uccelli.
Nei fossati più grandi ,invece,di notte si metteva il filo da pesca da una parte all’altra della riva legandolo a dei tronchi. Attaccati c’erano degli ami con inseriti dei vermi e si pescavano in superficie pesci sole e tinche e più a fondo pesci gatto e anguille. All’alba si andava a ritirare tutto ,sperando in una buona pesca .Oppure alcuni andavano di notte controcorrente con una specie di canotto e prendevano i lucci con la fiocina,ma in realtà questo tipo di pesca era vietato. Come era vietato pescare con i fili della corrente oltre che molto pericoloso. Infatti due conoscenti del nonno sono morti usando questa pratica. Altre persone usavano le bilance e i bartovelli.
Allora erano molti i pescatori professionisti che operavano sui laghi e sui fiumi Il Po era ricchissimo di pesce:storioni,lucci,cefali,cavedani,branzini,pesce sole,carpe,anguille e pesce gatto e dalla metà del 900 il siluro.
Una delle catture più ambite era lo storione che risaliva dal mare in primavera e veniva in Po per riprodursi. Veniva catturato con il tramaglio ,una rete alta 4 metri e lunga 120 con galleggianti e piombi per tenerla bella dritta e tesa.Si pescava di notte con l’aiuto di due barche nei due lati andando giù con la corrente.I pescatori sentivano tenendo in mano la parte iniziale della rete se si era immagliato il pesce.Procedevano per circa un Km e mezzo piano piano finchè non pescavano qualcosa.Poi tornavano a monte.
Si pescava anche con il bilancione,una rete di 20×20 metri che veniva tirata su con l’argano.A volte si tiravano su anche un quintale di carpe a notte.Oppure si pescava con la bilancia ,una rete di forma quadrata,più piccola del bilancione,tenuta aperta da due aste diagonali ad arco,fissate ad una pertica con cui il pescatore da riva pesca dalle acque poco profonde.Le mogli o le figlie dei pescatori facevano le reti per i bertovelli messi vicino alle rive ,rivolti con la bocca verso valle e il retro a monte del fiume ,perché di notte il pesce si muove controcorrente.
Un pescatore metteva dai 500-600 bertovelli in una stagione e ne controllava 70-80 al giorno.Si praticava anche la pesca ad Olanda,effettuata in battello lungo il Po con una piccola rete a mano o camminando sulla riva del fiume a seconda della corrente. Il pesce veniva venduto subito ,alle 3-4 del mattino e veniva messo dentro a cassette col ghiaccio e frasche. Allora c’era una grande richiesta e venivano molti commercianti da Mantova e Verona per comprarlo e lo si vendeva al miglior offerente. Le donne,invece andavano a vendere il pesce con la cassetta caricata sulla bici e con la stadera per pesarlo in giro per le case e le corti.
Questa attività è durata fino agli anni sessanta ,poi il boom economico(crescita industriale ed economica del nostro paese,aumento del reddito procapite e inserimento della donna nel mondo del lavoro) ha cambiato le abitudini alimentari a favore della carne e di altri cibi pronti e confezionati e l’attività della pesca è andata in “disuso”.Inoltre la crescita costante dell’inquinamento ha prodotto la contrazione di diverse specie ittiche o le ha rese meno appetibili.
Raramente ,al giorno d’oggi ,le donne cucinano i cibi della tradizione ,ma ci sono ancora ristoranti e agriturismi o le cucine delle sagre paesane che ripropongono i sapori del pesce d’acqua dolce .Le ricette più note sono: il luccio in salsa, anguilla ai ferri, anguilla marinata, tinca al forno alla mantovana, pescegatto coi piselli, storione al forno, zuppa di storione alla mantovana, carpa fritta, risotto con il pesce gatto e con altri pesci di fiume; risotto coi saltarei; risotto con la psina, frittura di pesce di fiume e di lago. Oggi questi pesci,un tempo abbondanti nei nostri corsi d’acqua provengono prevalentemente dagli allevamenti.
La pesca ha oggi un senso e avrà ancora un futuro se si intensificheranno tutta una serie di operazioni : salvaguardare la qualità delle acque con più depuratori,effettuare più incisivi controlli per fermare il bracconaggio che sta sterminando la nostra fauna ittica,effettuare operazioni di ripopolamento,contrastare le specie ittiche alloctone dannose come il siluro, incrementare le iniziative per la reintroduzione di specie ormai quasi estinte come lo storione o in fortissima contrazione come l’anguilla.
Pesca oggi è anche pescaturismo,cioè l’opportunità di integrare l’esiguo reddito del pescatore professionista,ma soprattutto l’occasione per tramandare le tradizioni della pesca e le storie legate all’acqua e per godere delle emozioni di un ritrovato contatto intimo con le acque di fiumi e laghi.